Project Description
Anestesisti, radiologhi, rianimatori , infermieri, e molte altre persone impegnate nell’emergenza Covid 19.
Negli ultimi giorni in cui le polemiche dilagano, sono i medici i primi a subire minacce di ritorsioni per non divulgare più notizie alla stampa.
Come dire: fin quando si parla di eroismo parlate, ma quando si parla di Tamponi mancanti e dispositivi di sicurezza non a norma state zitti.
Ogni intervista comincia con una richiesta di assoluto anonimato, i nostri medici, i nostri Eroi da qualche giorno hanno paura di perdere il lavoro dopo aver salvato mezza Italia.
Sono i dottori e gli anestesisti delle terapie intensive di tutta Italia a darci le uniche notizie preziose dall’interno dei reparti Covid 19.
La prima cosa che tutti chiedono in questi giorni convulsi ed in cui si comincia a parlare dell’assoluta mancanza di prevenzione per il personale sanitario che opera all’interno, ma anche all’esterno dei reparti Covid 19 è, l’assoluto anonimato.
“Qui oltre alla vita rischiamo anche il posto”, “molti di noi cambieranno vita dopo questa emergenza”, “meglio non incontrarsi di persona, potrei essere infetto”.
Questo è il normale atteggiamento di coloro che stanno affrontando l’emergenza più grande, alcuni di loro hanno figli piccoli e dormono separatamente da moglie e figli quando tornano a casa, alcuni si disinfettano prima di rientrare altri hanno lasciato le case.
La paura non è tanto per se stessi ma per la famiglia, perchè dopo l’emergenza di solito c’è il silenzio delle istituzioni e tutti questi eroi non saranno altro che dottori malati che dovranno fare la guerra per essere risarciti.

TORREGALLI
“Il vero grande problema è che questo virus è altamente contagioso e che può essere asintomatico, se si pensa a questi due fattori ci si rende conto che l’unico strumento possibile per arrivare alla fine dell’emergenza è il tampone e l’isolamento.
Il tampone andrebbe fatto a tutti e per primo a noi medici di reparti covid.
Il tasso di mortalità che viene raccontato non è assolutamente veritiero; in Italia è assolutamente sottostimato perchè nessuno si mette a fare il tampone all’anziano che muore nella casa di cura o a quello che muore nel suo letto ed oltre a questo c’è una serie di morti che derivano dall’emergenza e cioè tutte quelle persone che in questo momento non accedono alle terapie intensive essendo queste impegnate completamente per Covid.
E’ importante dire che se non si fanno i tamponi ad una grande fetta della popolazione è chiaro che non si riesce ad isolare le persone positive e specialmente gli asintomatici che sono quelli che poi, stando bene se ne vanno anche a fare la corsetta al parco.
Ci vuole tantissimo tempo, se io trovo una persona che ha il covid e sta bene io la devo chiudere da qualche parte e ci vuole anche più di un mese perchè questa ritorni negativa.
Jama, una delle riviste in campo medico più importanti, dice che il tampone rinofaringeo ha una percentuale del 32%, questo vuol dire che su 100 persone positive il tampone ne potrebbe trovare solo 32, questi sono dati pubblicati.
PISTOIA
Cristina nome di fantasia, è un anestesista, dopo tre settimane in prima linea ancora non le è stato fatto il tampone.
Cristina parla, parla e cerca di far capire a chi non è la dentro quello che stanno vivendo: “scusami ma sono distrutta, sarà anche l’accumulo, dicevo poco fa alla mia mamma che se non l’ho preso oggi non lo prendo più.
Oggi ho estubato e rintubato un paziente, ho fatto una broncoscopia e tutto con la stessa mascherina.
Erano anche pochi oggi solo 3 ma ho estubato e intubato e sapendo di avere solo una percentuale di protezione e non sufficiente.
Lavorare così non solo non ti rende efficiente a livello fisico, ma anche a livello mentale; noi addormentiamo le persone senza sapere se si risveglieranno, se sbagliamo un dosaggio, a inserire un ago, se la mascherina si impiglia su un tubo, se ti strappi la tuta e non te ne accorgi la tua vita può cambiare da un momento all’altro e sei finito.”


PRATO
Un’altro ospedale, un’altra operatrice sanitaria, impegnata in un reparto covid, ci racconta che come in tutti gli altri ospedali, anche qui i dispositivi di protezioni individuale sono pochi, non sono quelli adatti, anche qui non si può andare in bagno, si può fare un’ unica pausa, anche qui abbiamo le piaghe dietro gli orecchi, anche qui a volte usiamo i nostri zoccoli, e i copriscarpe non adatti, quelli blu normalissimi.
“All’inizio cerano le tute e le mascherine Ffp3; le ho indossate in tutto per un paio di turni perchè non durano più di 7 ore, ma poi non sono più arrivate.”
E’ faticoso respirare, si appannano le visiere e gli occhiali, ha la consapevolezza che l’aria da qualche parte esce ed entra, e spesso dallo spazio tra naso e guance, che accanto ad un paziente altamente infettivo è una specie di roulette russa.
Senza la mascherina con la valvola, si respira a fatica, in un ambiente che è già a pressione negativa e si respira l’anidride carbonica che noi stessi produciamo questo ti rende debole, ti da fastidio, ti va venire il fiato lungo.